IL GUSTO “GIALLO” DEL MEDITERRANEO


IL GUSTO “GIALLO” DEL MEDITERRANEO

Il cibo come elemento non puramente decorativo ma perfettamente inserito nel plot narrativo compare in alcuni giallisti “mediterranei” in modo molto più o meno accentuato. 

«Il noir mediterraneo? Ha due caratteristiche, le città e il cibo». Per Petros Markaris non ci sono dubbi: non sono solo gli ingredienti «sociali» a rendere così particolare quella forma del romanzo poliziesco: «La cucina è una componente importante di tutti i romanzi polizieschi mediterranei: un aspetto quasi sconosciuto a quelli americani, inglesi o svedesi.»

Insieme a Andrea Camilleri, a Jean Claude Izzo, a Manuel Vázquez Montalbán, Petros Markaris ha per molti versi contribuito a definire oltre vent’anni fa il canone di questo nuovo genere letterario. Per il noir o il giallo mediterraneo, l’arte culinaria non è solo uno strumento per la ricerca della verità, ma una sorta di guida a una vita che meriti davvero di essere vissuta. La cucina esprime il volto vero di una società.

Ma se il cibo può essere evocato come un elemento unificante, non ha lo stesso valore per tutt

1. Le ricette immorali di Pepe Carvalho

Pepe Carvalho è l’investigatore privato protagonista dei romanzi di Manuel Vázquez Montalbán, scrittore catalano. Per lui il cibo è il succo della vita. 

“Carvalho è gastronomicamente eclettico. Alla base dei suoi gusti sta sempre un elemento essenziale: il palato della memoria, la patria sensoriale dell’infanzia. Proprio per questo i suoi gusti fondamentali provengono dalla cucina popolare, povera e immaginativa della Spagna, la cucina di sua nonna. Il nostro uomo integra la cucina catalana con la cucina d’autore dovuta a diversi ristoranti della Spagna e con quella di svariate gastronomie straniere.

Ma una cosa è quel che Carvalho mangia e un’altra quel che cucina. Carvalho cucina per impulso nevrotico, quando è depresso o irritato, e quasi sempre cerca una compagnia complice per mangiare quanto ha cucinato, per evitare l’onanismo della semplice nutrizione e riuscire nell’esercizio della comunicazione.

E allora incontra commensali propizi, maieutici. Potremmo arrivare alla conclusione che i gusti gastronomici di Pepe Carvalho sono eclettici nelle scelte e sincretici nella tecnologia. Ma sarebbe molto più realistico accettare queste gustose proposte soprattutto come patrimonio umano del signor José Carvalho Tourón.” (Manuel Vázquez Montalbán, Le ricette di Pepe Carvalho) Montalbán inserisce spesso delle ricette nei libri di Carvalho, realizzate dallo stesso investigatore o da Biscuter suo braccio destro, ricette raccolte nel libro “Le ricette di Pepe Carvalho” e in ” Ricette Immorali” con le descrizioni di piatti classici e rivisitati, afrodisiaci e golosi.

2. Gli arancini di Montalbano

Con il commissario Montalbano di Andrea Camilleri non siamo più nel regno delle stravaganze culinarie, bensì saldamente ancorati ai cardini della cucina siciliana. 

Quello di Montalbano è un approccio passionale, quasi carnale al cibo: nulla può distoglierlo da ciò che sta mangiando e esige l’assoluto silenzio durante il pasto. Del resto è spesso da solo che degusta i manicaretti che prepara per lui la domestica Adelina o Calogero, il proprietario dell’omonima trattoria.

Caponatina, pasta ‘ncasciata o al nero di seppia, sarde a beccafico…tutto il meglio della sicilianità passa attraverso le pagine dei libri di Camilleri, ma il re incontrastato dei piatti amati da Montalbano resta l’arancino. “Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che sicuramente gli era trasuto nel DNA, nel patrimonio genetico.” 

Il commissario Montalbano vive i gusti della Sicilia più profonda. Camilleri aveva compreso che questa immersione nella vita quotidiana piace ai lettori. Ogni scrittore cerca di creare un legame emotivo tra il lettore e i personaggi di un romanzo. Uni dei modi migliori di farlo è trovare una passione comune e il cibo risponde perfettamente allo scopo.

Quale via migliore, per entrare nei nostri cuori, del piacere universale della cucina e della tavola?

3. Il commissario Charitos e i ghemistà di Adriana

Kostas Charitos, figlio letterario di Petros Markaris, è commissario ad Atene. È sposato con Adriana, cuoca di prim’ordine che smussa i contrasti familiari ricorrendo ai piatti della tradizione popolare greca.

“Se mia madre vivesse, sono sicuro che sarebbe molto contenta del fatto che i suoi ghemistà (verdure ripiene) sono diventati uno dei piatti principali del romanzo giallo. E sono anche sicuro che troverebbe simpatica Adriana, la moglie del commissario Charìtos, per la semplice ragione che prepara i ghemistà. Quando all’inizio del primo romanzo, Ultime della notte, nacque l’esigenza di mettere Adriana in cucina, i ghemistà si fecero avanti quasi autonomamente, e non solo come cibo particolarmente amato, ma come simbolo di rappacificazione, di tenerezza tra Charìtos e sua moglie. Non ci crederete, ma quando mia madre ha letto Ultime della notte mi ha chiesto con sdegno: «E tu, dove l’hai trovata la ricetta per passarla a Adriana?».”

Per Kostas Charitos la «via del cibo» offre prima di tutto la misura della grave crisi economica e sociale: a casa Charitos si fanno i conti con il taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici, poliziotti compresi, e con la necessità di indirizzarsi verso alimenti più a buon mercato. Ma, soprattutto, è a tavola che si capisce come i greci abbiano smarrito quella «cultura della povertà» che li rendeva in grado di resistere alle avversità. La cucina dei Charitos diventa così il laboratorio sociale privilegiato per capire davvero cosa stia accadendo nel paese. 

Leggere i libri di Markaris è l’occasione per farsi guidare attraverso Atene, città forse caotica e sgraziata, ma di una bellezza che non lascia indifferenti, densa e odorosa come il caffè “dolcebollito” che il nostro commissario adora sorseggiare, magari con accompagnamento di cotognata, insieme all’amico Lambros Zisis.

4. Aglio, menta e basilico per Fabio Montale

È intorno al Vieux Port di Marsiglia, ai quartieri dove marinai e immigrati si mescolano e si confondono, che conduce le propri indagini Fabio Montale, l’ex poliziotto divenuto investigatore privato attraverso il quale Jean Claude Izzo ha riscritto, anche in senso gastronomico, la storia locale.

Fabio Montale ama il mare e ama Marsiglia, “la mia città, sempre a metà strada fra la tragedia e la luce”, tanto incantevole, profumata, gioiosa, quanto maledetta. Malinconica al punto giusto. Sporca di sangue, e di spazzatura, pungente come le spezie, profumata e fresca come le erbe aromatiche.

Nella cucina di Marsiglia raccontata da Izzo si scoprono le mille radici della città, dove ricette italiane, greche, arabe e ebraiche si intrecciano inestricabilmente. Per Fabio Montale mangiare è allo stesso tempo un profondo piacere e un atto di resistenza alla minaccia rappresentata dalla crescita del razzismo. L’amore per il cibo guida verso la rivendicazione di un’identità plurale, fatta di frammenti che si completano a vicenda e che per questo non possono fare a meno gli uni degli altri. Per Fabio Montale (e quindi per Izzo) è necessario vivere con passione ogni nuovo incontro, consapevoli che anche «magiare significa accogliere».

Marsiglia è il luogo perfetto per perdersi tra i profumi di mille spezie che trasformano questa parte della città in un angolo d’oriente: dal coriandolo al cumino, dal curry alla menta, quegli stessi aromi che Montale ritrova anche sul corpo delle donne che tragicamente ama.

ILARIA PERSELLO

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