Prefazione – 2023
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SCALARE IL CIELO IN SALUTE
Il grande filosofo umanista Marsilio Ficino, la cui Accademia nobilitò la cultura fiorentina in epoca laurenziana, ebbe un preciso rapporto con il cibo. Per essere più rigorosi, mise in relazione questo importante fattore vitale con tutto quel “macrocosmo” che connette ogni uomo terreno (microcosmo) con il cielo.
Emblematiche le affermazioni che troviamo in molte sue opere. Tra queste la seguente, che riprende Diogene Laerzio: “Febo fece nascere per gli uomini Asclepio e Platone: uno per la cura del corpo, l’altro dell’anima”.
Alla base di questa teoria c’è l’ottimismo terapeutico di Ficino, che già aveva evocato Tommaso di Brabante: colori, suoni, metalli, pietre preziose erbe, bevande, e tanto altro sono i nostri alleati per integrale mondo fisico e spirituale, terra e cielo.
Se leggiamo con attenzione le note che il grande pensatore neo-platonico sparge nei suoi scritti, troviamo una diffusa insistenza sull’opportunità che viene data ai saggi, non certo agli ignoranti, per “scalare” il cielo in salute, insieme medica e spirituale. Parla spesso dell’importanza degli adminicula, grazie ai quali il corpo si corrobora attingendo alla “quintessenza” (fonte celeste di generazione e crescita) presente in varie sostanze; oro, pietre preziose profumi, balsami, erbe aromatiche, ecc.
Nel dire ciò, Ficino manifesta esplicitamente la sua osservanza platonica, che, facendo del convito la base della comune educazione filosofica, paragonava l’iniziazione verso le cose d’amore alla salita progressiva di una scala (Simposio, 210 A- 212 A).
GLI ALIMENTI DELLA SALUTE E DELLA SIMPATIA
Ficino dedica anche testi monografici al mondo complesso del cibo e di ciò che gli ruota intorno.
Tra questi da citare un libro, che già dal titolo, tanto elaborato quanto nitidamente descrittivo, fa capire benissimo le sue finalità: De sufficientia, fine, forma, materia, modo, condimento, auctoritate convivii, scritto nel 1476.
Più volte, in questa ed altre opere, parla di alimenti in sintonia con questa filosofia cosmologica: vino puro, zucchero, sostanze bianche, sottili, luminose oppure alimenti preziosi per simpatia o cooptazione cromatica come tuorlo d’uovo e zafferano (in quanto evocano il sole per colore, luce, simbologia).
In particolare Ficino è molto attento alle virtù ed ai vizi del vino. Sempre accompagnato da una piccola fiaschetta di vino dei colli valdarnesi, vicini alla sua Figline, è molto severo in materia.
Raccomanda di bere solo vino “buono, puro ed odorifero” ed evitare assolutamente “mosti e vini torbi “, molto dannosi per l’equilibrio dell’organismo. Ugualmente esigente nel descrivere il rapporto tra mangiare e bere, il maestro consiglia “di mangiare e bere meno dell’usato”, ma, aggiunge, “il cibo sia più del bere”.
Ficino è prodigo di consigli in tema di alimenti e, a volte, entra anche in merito alla cucina.
Un esempio riguarda le carni, che devono essere “asciutte”. Ecco cosa scrive: “Se usi carni umide, falle arrostire, ma forale bene dentro empiendole per tutto di condimenti agri, alquanto pepe o cinnamomo (cannella), coriandolo, sale”.
Il timore per gli alimenti in cui prevalgono umori nocivi per la salute è costante, tanto che afferma con decisione: “Il pericolo è nel caldo insieme all’umido e nella putrefazione”.
Infatti consiglia, fra le altre cose, di fuggire i funghi, erbe umide, porcellana (portulaca), zucche.
Tra le umide sono concesse, aggiunge, lattuga (ma corretta con menta, cinnamomo, basilico garofilato minutissimo), cicerbite, selvastrella.
Curiosa anche l’indicazione che riguarda la frutta troppo caldo-umida, molle o tenera. Ad esempio, se si mangiano popone o susine “grasse”, a seguire occorre bilanciare l’eccesso insieme a finocchio o melarancia con sale, abbinati ad un vino salutare ed asciutto.
Molto interessante anche la digressione sui pesci, sempre condizionata dall’idea di bilanciamento e mitigazione di ciò che è freddo ed umido, foriero, se eccessivo, di “ogni putrefazione”. Per Ficino occorre dunque fuggire molti pesci eccetto quelli piccoli di fiume (propri di ambienti pietrosi, con acqua chiara e corrente). Li propone fritti con olio e farina, accompagnati con salsa di agresto o aceto oppure conditi con melarance, sale, pepe e cinnamomo.
Non può mancare un giudizio specifico sulla frutta, sulla cui dimensione salutare è scettico a parte: mandorle e nocciole, pere, humiliache (peschine), pesche cotogne, nespole e corniole, susine asciutte e melograne.
LA PESTE: CONSIGLI A TAVOLA E DINTORNI.
Ma il maestro neo-platonico approfondisce un altro argomento che anche ai nostri giorni è attualissimo. Con specifico riferimento alle cicliche epidemie di peste che colpiscono la Toscana scrive il Consiglio contro la pestilenza (1481).
Anche in questo caso è interessante il paragone di partenza che Ficino sviluppa tra terra e cielo quali complementari dimensioni della salute materiale e spirituale: “La natura di questi dèi terrestri è costituita da una composizione di erbe, pietre, aromi, che possiedono in se stessi un’innata virtù divina”.
In altri passaggi introduce un nuovo suggestivo accostamento:” Veri e principali maghi sono natura ed amore”. Dove il mago è paragonato all’agricoltore, il quale attraverso la combinazione dei semi fa prosperare la terra. Siamo all’apologia della funzione taumaturgica del filosofo rinascimentale, medico insieme del corpo e dell’anima.
Al riguardo, Ficino non si esime da una lista di cibi che “si debbino usare” in questo tempo critico.
Solo per fare alcuni esempi: cibi asciutti, saporiti, agri, acetosi, fuggendo la broda, il grasso e l’unto ed il dolce viscoso. Ed ancora “bevi vini sottili o alquanto bruschi non dolci (…) anche annacquati con acqua molto sottile e chiara”.
Poi, parla delle spezie utili per le vivande, con ottica non soltanto legata al gusto: sandalo rosso, cinnamomo fine, garofani, ben rossi e bianchi, coralli bianchi e rossi, cardamomo, rose, spodio, ecc.
È proprio uno scrigno delle meraviglie, autentica panacea che protegge da ogni male.
Ed è addirittura un consiglio mirabolante quello che impartisce a chi ha problemi digestivi. Si tratta di una terapia affidata ai precursori delle pillole, “grosse a modo di ceci”. In cui sono concentrate aloe, mirra, zafferano e purificate, si fa per dire, con acqua vite in inverno e sciroppo d’acetosa, cedro o limone d’estate.
Si respira tanta aria d’Oriente in queste suggestioni ficiniane. Ed è fin troppo naturale pensare come quinta teatrale di questo grande spettacolo di cibo e bevande, odori e sapori, farmacopea esotica, pietre e luci assortite la cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli. Proprio lì, il nostro Marsilio da Figline compare perso fra i tanti, ma riconoscibilissimo. A ciascuno il proprio cammeo.
FRANCO BANCHI
Biografia di Marsilio Ficino
Marsilio Ficino (Figline Valdarno 1433 – Firenze 1499), filosofo e teologo, fu il maggiore esponente del platonismo italiano del sec. XV. Studiò a Firenze dove Cosimo de’ Medici gli affidò l’incarico di tradurre Platone. Allo stesso modo tradusse il Corpus hermeticum e le Enneadi di Plotino. Raccolse intorno a sé un cenacolo di amici e discepoli che prese il nome di Accademia platonica, la “nuova Atene”.Tra le sue opere emergono: Theologia platonica (1469-74), De christiana religione (1473), il De Vita (1489) e le Epistole in 12 libri. Attraverso la dottrina platonica, Marsilio Ficino vede il microcosmo umano come il vero centro dell’universo, attribuendogli una posizione privilegiata, grazie alla sua capacità contemplativa e conoscitiva, ma anche creativa. Alla dottrina della mente-anima è collegata quella dell’amore, inteso come principio unificatore e taumaturgico della realtà in quanto “nodo cosmico”. L’opera di Marsilio Ficino ebbe un’importanza straordinaria nella storia del pensiero: per vari secoli i dotti europei conobbero Platone e i neoplatonici quasi sempre attraverso le traduzioni e i commenti ficiniani. Ma quei testi ebbero anche un’importanza nell’ambiente fiorentino: da essi trasse i suoi stimoli più vivi l’ambiente raffinato della Firenze medicea, dove la filosofia di Marsilio Ficino s’incarnò idealmente in opere come le Stanze del Poliziano e la Primavera del Botticelli.