Filippo Saporito / I 5 sensi nella cucina
C’è il profumo di erba fresca appena tagliata nell’aria, l’erba dei magnifici giardini di Villa Bardini, sulla Costa S. Giorgio, sovrastanti Firenze. La Villa prende il nome da...
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C’è il profumo di erba fresca appena tagliata nell’aria, l’erba dei magnifici giardini di Villa Bardini, sulla Costa S. Giorgio, sovrastanti Firenze.
La Villa prende il nome da Stefano Bardini, il “Principe degli antiquari”, che la comprò nel 1913, rendendo questa Villa seicentesca suo luogo di riposo, nonostante che la sua vera casa e la sua Galleria fossero in Piazza dei Mozzi e in Via S. Niccolò, appena sotto, vicino all’Arno, divenuta oggi un prestigioso Museo che raccoglie la sua collezione privata.
La terrazza panoramica della Leggenda dei Frati si affaccia sulla città, proprio nella parte inferiore della Villa, lateralmente ai giardini.
È il ristorante prestigioso dello Chef stellato Filippo Saporito, aperto nel 2015.
Lì mi viene incontro col suo sorriso aperto e accattivante, salutandomi festosamente. Era da un po’ che non ci vedevamo.
Filippo Saporito, oltre che chef famoso, è un fine osservatore, una persona spiritosa, cordiale, spontanea, e anche un appassionato d’arte e di rugby.
Così iniziamo a parlare, tra un caffè e due dolcetti squisiti che, gentilmente, mi offre subito.
C’è un’atmosfera tranquilla, elegante e…giovane alla Leggenda dei Frati: Saporito si circonda di giovani chef, una nutrita, ottima brigata.
E qui lavora insieme alla moglie, la Chef Ombretta Giovannini, conosciuta tra i banchi di scuola, all’Istituto Alberghiero di Chianciano.
Di lei parla subito in modo entusiastico: “E’ bravissima, con un po’ di farina e due uova fa cose fantastiche”. Come a dire che è nata con il dono di saper coniugare creatività, abilità e predisposizione.
Gli domando subito se, secondo lui, noi percepiamo il cibo coi cinque sensi, così come alcuni psicologi sostengono, e mi risponde sicuro: “Percepiamo sì coi cinque sensi! Mangiare è assaggiare. Uno chef poi deve abituare il palato a “sentire”.
La cucina oggi ha fatto un passo in avanti per l’aspetto visivo, pensiamo a quanto è importante “vedere” un bel piatto. L’aspetto visivo è importante: la scelta dei colori, la forma. Pensiamo ai verdi: nello sbollentare le verdure diventano più verdi.
Ma il gusto è basilare.
Ai miei studenti chiedo sempre se, per esempio, qualcuno di loro ha assaggiato un cavolfiore crudo, e la risposta è sempre la stessa, no, nessuno lo ha fatto.
Ai ragazzi manca la gioia della cucina della nonna, i profumi e i sapori della cucina di casa, così come rotolarsi in un campo di margherite, sentire odori, sapori. I ragazzi vanno abituati ai sapori basici della cucina, a capire se i piatti sono troppo conditi, a sentire il pepe, il piccante”.
E i profumi?
“L’origano, il basilico, l’aglio, il profumo del pane appena cotto mentre lo spezzi. I ricordi dei profumi percepiti quando eravamo bambini, ti entrano nella mente e non ti lasciano più. Sono una parte della percezione che ti porti dietro per tutta la vita.
Il tatto?
“Si diceva del cavolfiore, toccarlo è tatto, è sentire la sua croccantezza, per esempio. Nel cucinare il toccare permette proprio di “sentire” se un cibo è cotto, se il pollo è cotto, e così il pesce, le verdure. Il tatto è sentire il pane nelle mani mentre lo tagli. La percezione si apprende con le mani.
Vista, tatto, gusto, oggi è tutto più vedere e meno toccare e sentire, ma è il profumo che ti fa capire se il piatto è buono o no! E anche il suono del cucinare è parte del tutto.
Vedi, vanno tutti insieme i sensi nel rapporto col cibo, quando si cucina. E questo è molto importante da insegnare ai giovani”.
E c’è diversità nel cucinare tra un uomo e una donna?
“La cucina è un lavoro maschile, per tradizione, per la pesantezza del lavoro. Ma una donna ha un olfatto maggiore, e così un tatto e una delicatezza maggiori. La qualità del sentire il sapore è più femminile. La donna ha più sfumature. Ma non potrei dire che c’è una cucina al femminile o al maschile. Molte chef donne hanno una mano maschile, e molti chef uomini una mano femminile. Ho conosciuto molte chef donna i cui piatti avrebbero potuto essere tranquillamente quelli di un uomo”.
Sorridendo, al termine del nostro incontro, mi dice, con orgoglio, che è felicissimo di suo figlio, il quale, dodicenne, ha già la passione per la cucina e per il rugby, come il babbo. E’ la vita che continua, e con un Maestro così il futuro sarà ricco di conoscenza e proficuo, sicuramente.
“Sono molto contento perché a mio figlio piacciono le cose belle della vita, quelle che ti danno tanta gioia”.
fotografie di carmeli / bedarumica.org