di Franco Banchi
La nuova Atlantide è un racconto utopico incompiuto, scritto da Francesco Bacone nel 1624 e pubblicato postumo nel 1627.
Bacone in questa opera narra di un gruppo di 51 viaggiatori che, partiti dal Perù per andare in Asia, naufragano nell’isola di Bensalem, nei mari del Sud. Il nome stesso dell’isola deriva dalla conflazione dei nomi di Betlemme e Gerusalemme. Attraverso il racconto in prima persona di uno dei naufraghi, si conosce la cultura e la vita del popolo dell’isola. I bensalemiti vivono in pace fra loro, coltivando la sapienza attraverso i viaggi che alcuni di loro compiono nel mondo civilizzato per carpirne le invenzioni più utili. L’istituzione più importante dell’isola è la Casa di Salomone istituita dal re Atlantideo Salomone, il quale diede il nome del re Salomone alla sua fondazione. Nella “Salomon’s House” i bensalemiti si dedicano ad un un sapere che diventa trasformazione del mondo attraverso il controllo della natura e l’applicazione delle nuove conoscenze per migliorare la vita quotidiana e la società.
Ottime vivande nella “casa dei forestieri”
Nell’opera ci sono molti passaggi dedicati ai prodotti della terra, all’alimentazione ed al cibo.
Appena arrivati, i naufraghi sono rifocillati nella “casa dei forestieri”. Ecco le parole di Bacone al riguardo:” Poco dopo ci fu servito il pranzo, ch’era costituito di ottime vivande, sia per il pane sia per la carne: migliore di qualsiasi dieta collegiale che io conosca in Europa. Ci diedero anche bevande di tre sorte, tutte genuine e gustose: vino d’uva; una bibita ottenuta dai cereali, come la birra da noi, ma più chiara; e una specie di sidro fatto con un frutto di quel paese, una bevanda straordinariamente piacevole e rinfrescante. Inoltre ci fu portata gran copia di quelle certe arance rosse per gli infermi; le quali, ci dissero, erano un rimedio sicuro contro infermità contratte sul mare. Ci fu data anche una scatola di piccole pasticche grigie o bianchicce, che ci pregarono di far prendere ai nostri infermi in ragione di una ogni sera prima di dormire; ed esse, ci dissero, avrebbero affrettato la loro guarigione”.
Non sfugge l’ottica che congiunge cibo e salute. Con alimenti specificamente rivolti alla cura di malattie come lo scorbuto.
L’acqua del Paradiso
Una particolare attenzione è dedicata dal filosofo e scienziato inglese a quelle tecniche che sono finalizzate sia all’importanza dell’acqua che alla sua conservazione ottimale. Così si scrive:
“Abbiamo ampi e profondi pozzi di varia profondità: i più profondi si spingono fino a 3600 piedi, e alcuni di essi sono scavati e costruiti sotto grandi colline e montagne; cosicché, se si calcola insieme la profondità della collina e la profondità del pozzo, alcuni di essi sono profondi più di tre miglia; ci risulta infatti che la profondità di una collina e la profondità di un pozzo, rispetto alla pianura, sono la stessa cosa; entrambi sono ugualmente lontani dai raggi del sole e del cielo e dall’aria aperta”.
Altrove si ritorna sul centralità della raccolta, conservazione e distribuzione delle acque, anche come costruzione artificiale di natura tecnologica, dedicata a scopi terapeutici:
« Abbiamo anche un gran numero di pozzi e di fontane artificiali – scrive Bacone – costruite a imitazione delle sorgenti e dei bagni naturali (…) e ancora abbiamo piccoli bacini per l’infusione di molte cose, nei quali le acque acquistano una virtù più in fretta e meglio che in recipienti o in vasche. E fra le altre abbiamo un’acqua, che chiamiamo Acqua del Paradiso, la quale, cosi come la lavoriamo, è assai efficace per la salute e per il prolungamento della vita”.
L’isola dei frutti precoci e tardivi
Di particolare interesse la parte che riguarda la produzione agricola di questa “isola ideale”, che ci permette di cogliere interessi e sensibilità assai moderni. Parliamo, ad esempio, della conciliazione tra efficacia produttiva e dimensione estetica; dell’attenzione alle varietà anche selvatiche; dell’importanza della concimazione; dell’uso di precise tecniche applicate; del riferimento alla produzione fuori stagione; infine della trasformazione dei prodotti stessi.
« Abbiamo anche vasti e diversi frutteti e orti, nei quali non badiamo tanto alla bellezza quanto alla varietà del terreno e del concime, adatto alle diverse piante ed erbe, e alcuni assai spaziosi, nei quali sono piantati alberi e bacche dai quali ricaviamo varie specie di bevande, oltre che dalle vigne. In essi pratichiamo anche ogni genere di innesto e di inoculazione, tanto di alberi selvatici quanto di alberi da frutto, e questo dà molti risultati. E artificialmente facciamo in modo che, in questi stessi frutteti e orti, gli alberi e i fiori vengano prima o dopo rispetto alla loro stagione, e che crescano e diano frutto più speditamente di quanto non facciano secondo il loro processo naturale”.
Sorprende non poco la seguente sottolineatura, che anticipa uno dei temi caldi del dibattito contemporaneo, che oggi chiameremmo modificazione genetica. Così leggiamo ne La Nuova Atlantide :” Artificialmente li rendiamo anche più grandi di quanto non siano in natura, e i loro frutti più grossi e più gustosi, e di sapore, di odore, di colore e di forma diversi dalla loro natura”.
Ed ancora: « Abbiamo anche mezzi per far crescere diverse piante mescolando terreni diversi senza semi, e parimente di produrre diverse piante nuove, differenti da quelle comuni, e di trasformare un albero o una pianta in un’altra”.
Le fabbriche alimentari
Un interessante capitolo a parte è quello della trasformazione dei prodotti agricoli in modo tecnologicamente avanzato. Altro passo che rivela la modernità dell’opera, che non interpreta l’agricoltura come mero ambito di sostentamento, ma impresa non ripetitiva, proprio come ricerca insistita di nuovi orizzonti legati alla conservazione e diversificazione dei prodotti.
« Non vi tratterrò a lungo per raccontarvi delle nostre case di fermentazione, case di cottura, e delle cucine, nelle quali vengono fabbricate diverse bevande, pani e cibi rari e con risultati eccezionali. Abbiamo vini d’uva, e bevande d’altri succhi, di “frutti, di cereali, di radici, o ottenute da mescolanze con miele, zucchero e manna e frutti secchi e decotti, o anche da incisioni o ferite degli alberi e dalla polpa delle canne. E queste bevande sono di età diverse, alcune fino all’età o stagionatura di quarant’anni”.
Ed a proposito di nuove frontiere nella produzione ed alimentazione leggiamo con estremo interesse il seguente passo, che introduce nuovi scenari, tra cui particolari tecniche di lavorazione, abbattimento della netta distinzione tra cibi e bevande, precisi consigli salutisti ed esaltazione del gusto:
“Abbiamo ancora bevande fermentate con diverse erbe, radici e spezie; persino con varie carni rosse e bianche; e alcune delle bevande sono tali da essere in effetto insieme cibo e bevanda, tanto che parecchi, specialmente in età, desiderano vivere soltanto con esse con poca o punta carne o pane. E soprattutto cerchiamo di produrre bevande di elementi estremamente tenui da introdurre nel corpo, senza che causino corrosione, fitte o irritazione; cosi che alcune di esse, poste sul dorso della mano, dopo qualche tempo passano sino al palmo, e danno anche un buon sapore in bocca”.
Sorprende l’estrema varietà delle proposte offerte in questa “isola che non c’è”, abbinate, anch’esse in modo estremamente moderno, all’attenzione per l’equilibrio tra elementi degustativi, nutrizionali e curativi. Si può leggere infatti: “Abbiamo ancora acque che disacerbiamo in modo tale da renderle nutrienti, sicché sono veramente bevande eccellenti, e molti non ne usano altre. Abbiamo pane di diversi cereali, radici e mandorle, e persino di carne e di pesce seccati, con diversi tipi di lieviti e di condimenti; in modo che vi sono specie che stuzzicano assai l’appetito, altre che nutrono tanto che parecchi longevi vivono di quello senza alcun altro nutrimento. Cosi, riguardo alle carni, ne abbiamo di cosi battute, rese cosi tenere e frolle, senza però alcuna putrefazione, che il calore per quanto debole di uno stomaco le trasforma in buon chilo, come il calore forte farebbe per la carne preparata in altro modo. Abbiamo altresì certe carni e pani e bevande che, una volta presi, danno la possibilità di digiunare a lungo”.
Botteghe di medicina, odori e profumi
Il quadro de La Nuova Atlantide si completa con due sottolineature. La prima riguarda la presenza nell’ isola di “dispensari o botteghe di medicina nelle quali, se abbiamo una tale varietà di piante e di creature viventi, più di quante ne abbiate voi in Europa, i semplici, i farmaci e gli ingredienti medicinali devono anche essere in altrettanta varietà maggiore. Ne abbiamo parimente di età diverse e di lunga fermentazione. Quanto alla loro preparazione, non soltanto disponiamo di ogni forma di accurate distillazioni e di estrazioni, e specialmente per mezzo di temperature miti, e depurazioni attraverso filtri diversi e persino sostanze, ma anche forme esatte di composizione, per le quali si associano quasi fossero semplici naturali”.
La seconda ci porta nell’affascinante mondo dell’ essenze profumate e degli odori:« Abbiamo anche case di profumi, alle quali connettiamo anche esperimenti sul gusto. Moltiplichiamo gli odori, e questo può sembrare strano: imitiamo gli odori, facendoli emanare tutti da preparati diversi da quelli che li emettono. Otteniamo anche diverse imitazioni di sapori, che ingannano il gusto di chicchessia. È anche annessa in questa casa una fabbrica di conserve, nella quale produciamo ogni sorta di canditi, secchi e umidi, e diverse specie gustose di vini, di latte, di brodi e di legumi in varietà maggiore della vostra”.