Il sapore delle parole: per una storia dell’italiano del cibo


Il sapore delle parole: per una storia...

Premessa, di Giovanna Frosini

Materie, forme, colori, sapori: la lingua del cibo trasforma tutto questo in parole, riveste di suoni un’esperienza fondamentale e quotidiana, che è veicolo di identità personale e collettiva, di memoria e insieme di innovazione. Seguire il filo delle parole, studiare il formarsi della ricetta e del libro di cucina significa prendere coscienza di questa identità, e riflettere sul carattere unico dell’esperienza italiana, che nasce dal mobile comporsi di un mosaico multiforme di tante tradizioni presenti nella penisola, sempre all’insegna della pluralità, del confronto, dello scambio.

Il meraviglioso percorso dell’italiano del cibo si snoda dai tempi lontani del Medioevo – con insospettabili continuità di nomi e di preparazioni, e insieme profonde e radicali differenze – e ci raggiunge attraverso secoli di grandi cambiamenti, e veri momenti di svolta: tali sono il passaggio settecentesco alla cucina moderna o la rivoluzione ‘di penna e di pentole’ di Pellegrino Artusi, che ha fondato l’idea stessa della cucina domestica per una nuova società.

Oggi l’italiano del cibo, arricchito da molti dialettalismi, e anche mescidato con molti forestierismi, appare proiettato con forza al di fuori del nostro paese: spesso con banalizzazioni e travisamenti (quando non con vere e proprie falsificazioni), ma anche con la determinazione e il coraggio di chi vuole conservare una grande tradizione e rinnovarla nel segno dell’intelligenza e della creatività.

Fra Medioevo e Rinascimento

La tradizione culinaria italiana è costituita da una grande varietà e riflette in qualche modo la situazione politica frammentaria che ha caratterizzato per secoli il nostro Paese. Anche la lingua del cibo può essere considerata lo specchio di questa straordinaria varietà, in cui è possibile individuare sia il forte influsso dei dialetti sia quello delle lingue straniere.

Le prime testimonianze scritte medievali che contengono termini culinari e pratiche di cucina sono rintracciabili in ricettari anonimi, ma anche in libri di spese e libri di ricordi; espliciti riferimenti al cibo e informazioni sulla cucina sono presenti in opere fondamentali della tradizione letteraria come la Commedia di Dante e il Decameron di Boccaccio (si pensi all’abbondanza della contrada di Bengodi nella novella di Calandrino e l’elitropia). Risalgono al Medioevo parole come pappardelle, cacio parmigiano, pane impepato (legato al Natale), mostarda nel senso di ‘salsa a base di senape e aceto’, vermicelli per ‘tipo di pasta filiforme’. 


Fig. 1. Immagine di un banchetto medievale
(Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Edili 97, f. 372v)

Nel Rinascimento la pratica di cucina si trasforma in un’arte raffinata: cambia il modo di concepire il banchetto signorile, che diventa un’occasione per mostrare potere e ricchezza.  L’opera Banchetti, compositione di vivande et apparecchio generale di Cristoforo Messi Sbugo (Ferrara, 1549) è la più importante del secolo e diventa un modello di trattatistica gastronomica. Grazie ai Banchetti si diffondono strutture come ‘alla + aggettivo’ (per esempio allaturchesca), l’uso dei suffissi in –ata (come perata e sfogliata), parole come torrone e crescentine (‘sfogliatine dolci’).


Fig. 2. Frontespizio dell’opera di Cristoforo Messi Sbugo, Banchetti, composizione di vivande ed apparecchio generale
(Ferrara, 1549)

Dai grandi trattati del Settecento alla riforma di Pellegrino Artusi

Nel Settecento, il grande influsso della cucina e della lingua d’oltralpe provoca un profondo cambiamento dei gusti e delle pratiche di cucina, nonché un vistoso «infranciosamento» del gergo culinario: vol-au-vent, soufflé, brioche sono solo alcuni dei francesismi che ancora oggi sopravvivono nel linguaggio del cibo, segno tangibile del grande prestigio culturale che aveva raggiunto, anche a tavola, la civiltà francese; ne è prova ulteriore l’Apicio Moderno di Francesco Leonardi, il trattato più importante del secolo. 

Scritta in una lingua volutamente tecnica, suddivisa in sei tomi, l’opera rappresenta una vera e propria enciclopedia dell’arte culinaria, in cui gli adattamenti dal francese appaiono in numero altissimo (per esempio ragù, besciamella, sciarlotta). 

Un miscuglio oscuro di termini dialettali e stranieri, di termini letterari e di tecnicismi sarà pressoché la cifra di tutti i ricettari successivi, fino alla svolta segnata dalla Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi: non un trattato ad uso degli chef, cuochi di professione, ma un «manuale pratico per le famiglie» (come recita il sottotitolo dell’opera), una vera novità, sia nei contenuti che nei fatti di lingua. Dopo la prima edizione del 1891, la Scienza in cucina raggiungerà un successo strepitoso, arricchendosi progressivamente di nuove ricette fino alla quattordicesima edizione del 1910, l’ultima curata dall’autore.

Fig. 3. Pellegrino Artusi
Fig. 4. Frontespizio della Sciena in Cucina e l’arte di mangiar bene (1891)

Romagnolo d’origine, commerciante di professione, ma uomo di grande cultura, Artusi è stato il primo a cogliere l’esigenza di una razionalizzazione della lingua del cibo: egli adotta per il suo libro la lingua di Firenze, e attraverso questa rinnovata «sciacquatura» della lingua in Arno dona, finalmente, agli italiani un rimedio concreto a quella lingua incomprensibile.

Una straordinaria varietà: la lingua del cibo oggi

L’italiano gastronomico di oggi è caratterizzato da una grande varietà, derivante da fattori storici, sociali e culturali che nel corso del Novecento hanno dato vita a una lingua in parte differente dal modello elaborato da Artusi: una straordinaria ricchezza di dialettalismi (come grissino e fontina, di origine piemontese, risotto e panettone, di origine lombarda, pesto dal genovese, piadina dall’emiliano e così via) e geosinonimi (parole diverse, usate in differenti zone dell’Italia, che indicano lo stesso oggetto: si pensi ad esempio all’estrema varietà dei nomi dei dolci di carnevale), nonché numerosi forestierismi provenienti da tutto il mondo.

Il fenomeno degli italianismi, poi, dà l’idea del prestigio e del successo internazionale dei prodotti della gastronomia italiana: esiste un fondo solido di italianismi gastronomici, alcuni dei quali sono penetrati nelle lingue straniere da tempo (come lasagne, attestato nel francese dal XVI secolo), ma la maggior parte dei quali conosce la massima diffusione nel Novecento, specie negli ultimi decenni (ad esempio bruschetta, carpaccio, tiramisù).

Tra gli italianismi storici, naturalmente, si trova il caso di pizza, documentato nei vocabolari stranieri dal XIX secolo ma percepito in Italia come dialettale ancora agli inizi del secolo (il Dizionario moderno di Panzini nel 1905 lo definisce «nome volgare di una vivanda napoletana popolarissima»).Un confronto tra passato e presente, tra i ricettari e i blog di cucina e le trasmissioni televisive, mette in luce notevoli casi di continuità (come àrista, parola attestata sin dal XIII secolo) e innovazioni negli usi lessicali dei nostri giorni (ad esempio impiattamento e impiattare e la parola macedonia apericena) per mostrare la grande ricchezza dell’italiano del cibo.

Fig. 5. Specialità di ispirazione italiana in un bar di Broad Street a Oxford
Fig. 6. La grande varietà dell’italiano del cibo

Bibliografia essenziale

Alba M., 2018, Parole per tutti i gusti. Osservazioni sul lessico gastronomico dei ricettari di Amalia Moretti Foggia, in «Studi di lessicografia italiana», XXXV, pp. 245-88.

Alba M., Frosini G., 2019, «Domestici scrittori». Corrispondenza di Marietta Sabatini, Francesco Ruffilli e altri con Pellegrino Artusi, Sesto Fiorentino, Apice Libri.

Frosini G., 2009, L’italiano in tavola, in Trifone P. (a cura di), Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, Nuova edizione, Roma, Carocci, pp. 79-103.

2012, La cucina degli italiani, tradizione e lingua dall’Italia al mondo, in Mattarucco G. (a cura di), Italia per il mondo, banca, commerci, cultura, arti, tradizioni, Firenze, Accademia della Crusca, pp. 85-107.

2015, La lingua delle ricette, in Dammi la tua ricetta, Atti del convegno artusiano (Forlimpopoli, 20 giugno 2015 – Casa Artusi), consultabile all’indirizzo: http://www.pellegrinoartusi.it.

Frosini G., Montanari M. (a cura di) 2012, Il secolo artusiano, Atti del Convegno di Firenze-Forlimpopoli, 30 marzo-2 aprile 2011, Firenze, Accademia della Crusca.

Lubello S., 2010, Lingua della gastronomia, in Enciclopedia dell’italiano, Roma, Treccani, consultabile all’indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-della-gastronomia. 

Robustelli C., Frosini G. (a cura di) 2009, Storia della lingua e storia della cucina: parola e cibo. Due linguaggi per la storia della società italiana. Atti del VI Convegno ASLI, Associazione per la storia della lingua italiana (Modena, 20-22 settembre 2007), Firenze, Cesati.Vivit: Vivi italiano. Il portale dell’italiano nel mondo, in particolare l’indirizzo http://www.viv-it.org/categorie/area/società-e-costume/cucina.

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