Prefazione – 2023
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È mia intenzione di scrivere qualche considerazione sull’analisi del vino.
È vero che un vino può piacere o no, però è importante quando si ha davanti un bicchiere di vino, già dal colore capirne i pregi ed i difetti.
Il percorso dell’appassionato non è facile e non è semplice anche se apparentemente si potrebbe pensare che lo sia. L’appassionato, normalmente, fa un percorso che lo porta, in genere, inizialmente a preferire i vini un po’ legnosi, vini con bollicine un po’ grossolane, vini strutturati invece di vini fini ed eleganti.
Dico ciò perché questo è stato anche il mio percorso.
Sono arrivato a preferire i vini non legnosi ed a preferire i vini fini ed eleganti, vini che io definisco poetici. Ma di questo avremo modo, più avanti, di fare gli opportuni approfondimenti. Potrei scrivere tante cose, ma penso che sia prematuro scriverle adesso prima di fare un piccolo percorso sulla tecnica di degustazione.
Una cosa però desidero precisarla, relativamente al mondo delle bollicine, io amo le bollicine ma non apprezzo il prosecco, non mi è mai piaciuto e non mi piacerà mai.
Io amo, in genere, lo champagne anche se ci sono molti champagne peggiori di certi Franciacorta e di certi Trento Doc. Di sicuro mi piacciono le bollicine fini e non certo quelle grossolane.
Talvolta capita che le bollicine in bocca siano fini, ma non appena arrivano allo stomaco hanno l’effetto di fuochi d’artificio. Questo normalmente avviene quando al vino viene aggiunta l’anidride carbonica (metodo Charmat), metodo con il quale solitamente viene prevalentemente prodotto il prosecco. Con il metodo Champenois invece le bollicine si formano, in modo naturale, attraverso i lieviti.
È impensabile che una bottiglia di bollicine possa uscire dall’azienda produttrice a due, tre euro.
Come si fa a pensare che questo possa essere un vino di buon livello qualitativo?
L’Italia numericamente produce più bottiglie di bollicine della Francia.
Questo cosa significa?
È importante la qualità o la quantità?
I produttori ovviamente in genere propendono ai numeri, al guadagno, piuttosto che alla qualità. Posso capirlo, tutto il mondo vuole il prosecco ed io glielo lascio bere volentieri.
Io soffro di reflusso gastrico ed amo le bollicine, quindi bevo bollicine fine e di alta qualità e non quelle che mi aggrediscono lo stomaco.
Conosco anche persone che a casa loro offrono prosecco e che, quando sono ospiti invece preferiscono bere lo champagne. Sicuramente è una questione di portafoglio.
In genere, personalmente, se un vino non mi piace non lo bevo e preferisco bere acqua.
Il vino deve essere emozione. Quando hai davanti una bottiglia sconosciuta hai l’emozione dell’incognita, della novità. Quando invece hai davanti una bottiglia di vino che conosci, che sai com’è, conosci i suoi profumi i suoi sapori, ti prende l’emozione di riscoprirli, apprezzarli e goderli nuovamente.
Queste sono le emozioni che mi attraggono e mi rapiscono.
Temo che inizieremo l’analisi del vino la prossima volta perché la penna mi sta depistando.
Ognuno esprime le proprie opinioni sul vino con più o meno competenza e con più o meno sincerità.
Io quando devo esaminare un vino mi isolo completamente dagli altri e mi concentro completamente nelle tre analisi essenziali: visiva, olfattiva e gustativa.
Non è facile fare dei buoni vini. Ci sono poi dei diversi uvaggi che si assomigliano per certi aspetti, sia olfattivi che gustativi.
Ricordo che nel 2006 a Londra presso la casa d’aste Christie’s tenni una degustazione verticale (cioè più annate) dei vini “Tignanello” e “Solaia”, della Marchesi Antinori, insieme ad Albiera Antinori ed a Michael Broadbent, mancato, alcune mesi fa, il più grande conoscitore di vini dei millesimi 1700,1800, 1900 e 2000.
In quella occasione manifestai il mio pensiero sui vitigni: sangiovese, pinot nero e nebbiolo, dicendo che tutti i tre avevano, legno permettendo, in genere, somiglianze nel colore, non tanto intenso, nell’olfatto, fruttato e floreale e cioè ciliegia, prugna, lampone e violetta e nel gusto, con finale sia fruttato che floreale.
I tannini, normalmente in questi tre vitigni sono un po’ ribelli, non proprio setosi. Devo dire però che in questi ultimi anni, in genere i vini sono diventati più rotondi, Ricordo che Michael a tali mie affermazioni mi guardava interessato e stupito e mi diceva: “si, Paolo hai ragione non ci avevo mai pensato”. Esperienze uniche, emozioni uniche. Solo chi ama il vino può capire, il significato di tutto questo.
Tante sono le esperienze che mi sono capitate durante il mio percorso di degustazione dei vini. Molte volte mi capitano cose strane, intuizioni inaspettate.
Ricordo che alcuni anni fa prima di diventare sommelier, stavo frequentando il secondo corso, dell’Associazione Italiana Sommelier, andai con un gruppo di sommelier toscani in visita in Borgogna ed andammo tra i vari Domaine a Pernand Vergelesses, presso l’azienda “Bonneau du Martray”. Ci ricevette il proprietario Jean Charles Le Bault de la Morinìere, il quale ci servì diverse annate del vino bianco Corton Charlemagne, facendoci sempre vedere le bottiglie dalle quali ci serviva il vino, fino a servirci l’ultimo vino con delle caraffe, senza dirci niente sulla sua annata, anzi chiedendo a noi quale annata fosse quel vino.
Ricordo che al naso sentii in maniera dominante l’odore dei cavoletti di Bruxelles, ecco perché il vino era stato messo nelle caraffe, per farlo ossigenare. Presi carta e penna e scrissi “1985”, piegai il biglietto e glielo consegnai. Fui l’unico a rischiare la reputazione. Jean Charles aprii il biglietto e sbiancò, sbigottito perché si trattava esattamente dell’annata 1985.
Io non conoscevo quel vino in quell’annata ma il mio sesto senso mi portò a scriverla. Fortuna? Sensibilità? Sicuramente non ho dimenticato e non dimenticherò l’odore di quel vino nell’annata 1985.
Il vino è amore, magia e sicuramente piacere. Do la mia parola che nell’articolo prossimo inizierò a scrivere sull’esame visivo del vino.
PAOLO BARACCHINO